Bisogni e umorismo — ridicolizzare le paure

“L’umorismo è una cosa seria.” (Anonimo)

“Un uomo che abbia almeno una volta riso di gusto non può essere, tutto sommato, irrimediabilmente malvagio.” (Thomas Carlyle)

Diversi studi hanno dimostrato che ridere fa bene alla salute  in quanto può migliorare lo stato biochimico del sistema nervoso. Il riso è dunque al tempo stesso un sintomo e un fattore del benessere psicofisico. E’ un circolo virtuoso. Per questo motivo esso dovrebbe essere preso molto sul serio, studiato maggiormente, ed usato anche in ambito psicoterapeutico.

L’umorismo è la capacità di vedere in ogni cosa le sue contraddizioni, di “smontare”  e osservare criticamente e maliziosamente tutto ciò che appare perfetto, ideale, impeccabile, serio, invincibile, indiscutibile, sacro, temibile, autorevole, autoritario, rivelandone le incongruenze, incompletezze, debolezze, falsità e pluralità di significati e di valori.

Umorismo è ciò che ci mostra improvvisamente e inaspettatamente il bene nel male, il male nel bene, il ridicolo nel serio, il serio nel ridicolo, lo stupido nell’intelligente, l’intelligente nello stupido, il ricco nel povero, il povero nel ricco, il debole nel forte, il forte nel debole, l’uomo nella donna, la donna nell’uomo, il bambino nell’adulto, l’adulto nel bambino,  il contrario in ogni cosa, ma, soprattutto, il risibile nel temibile, il piacere nella paura e la paura nel piacere.

L’umorismo è anche ciò che svela gli inganni e mette a nudo le vere motivazioni delle azioni umane.

Il suo potere psicoterapico deriva dal fatto che attraverso l’umorismo possiamo minare e far esplodere le gabbie mentali che limitano i nostri orizzonti, le quali, attraverso le paure, ci impediscono di pensare e sentire liberamente.

Ma per poter usare l’umorismo, sia in terapia che nella vita di tutti i giorni bisogna prima di tutto essere consapevoli della paura che si può avere nei confronti dell’umorismo stesso, cioè la paura di ridere e scherzare di cui il paziente può essere vittima, in generale o nei confronti di particolari temi o situazioni. E’ una forma di autocensura molto insidiosa che si difende da qualsiasi attacco, compreso quello da parte dello stesso umorismo.

Durante una psicoterapia il terapeuta dovrebbe perciò chiedere al paziente di rivelare quali sono le cose che lo fanno ridere e quelle che non lo fanno ridere, in generale e nei confronti di particolari persone.

Si può ridere di una persona con simpatia o antipatia. Mentre ridere di una persona con simpatia è indice di una modalità di percezione sana e positiva, ridere di qualcuno con antipatia può essere indice di odio, paura o pregiudizi errati, cioè di atteggiamenti che potrebbero essere inadeguati alla soddisfazione dei bisogni del paziente, e, in quanto tali, potrebbero richiedere un esame approfondito ed una eventuale “correzione”.

L’individuazione di persone o situazioni che il paziente considera assolutamente “serie”, cioè per le quali ridere sarebbe tabù, blasfemia o sacrilegio, potrebbe rivelare la presenza di paure irrazionali e, come tali, da curare. Un modo per farlo è la loro ridicolizzazione. Cioè il terapeuta dovrebbe aiutare il paziente a trovare aspetti ridicoli negli oggetti delle sue paure, e a riderci sopra.


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