Giochi della mente

Le nostre menti giocano tra loro a nostra insaputa.

La vita è un gioco, anzi, un complesso di giochi di vario livello.

Ogni azione elementare è parte di uno o più giochi, e ogni gioco è parte di uno o più giochi più grandi.

Per “gioco” intendo un programma cibernetico che può essere attivo in una mente, cioè un complesso organico di forme e regole, stimoli e risposte, obblighi, divieti e margini di libertà, premi e punizioni, vale a dire un complesso di azioni e reazioni (cioè interazioni) dotate di significati rilevanti rispetto alla soddisfazione dei bisogni dei giocatori.

Ritengo che una relazione tra due entità consista in una serie di “giochi” che tali entità intendono (o accettano di) giocare insieme, con le rispettive regole specifiche (logiche, formali, sintattiche, semantiche, energetiche ecc.).

Una relazione è dunque costituita da “giochi”, i quali a loro volta sono costituiti da “interazioni” e queste sono costituite da transazioni elementari (intendendo relazioni, giochi, interazioni e transazioni abituali e non casuali). In tal senso possiamo dire che le transazioni fanno parte delle interazioni, che le interazioni fanno parte dei “giochi” e che i “giochi” fanno parte delle relazioni, e che nessuna istanza di queste categorie può esistere senza un’istanza gerarchicamente superiore.

Se non conosciamo i giochi di cui una certa azione è parte, non possiamo capire il senso di quell’azione.

L’uomo non ha bisogno di transazioni (attive o passive) in sé, ma di partecipare a particolari giochi naturali e sociali che prevedono certe transazioni con certi significati. Le conoscenze (sia scientifiche che umanistiche) che si concentrano sulle transazioni e sulle interazioni senza considerare i giochi di cui esse fanno parte, non rispondono ai bisogni umani.

A quali giochi ho bisogno di partecipare, e in quali ruoli? A quali giochi i miei interlocutori hanno bisogno di partecipare, e in quali ruoli? Con chi ho voglia di giocare e con chi non ho voglia? Con chi i miei interlocutori hanno voglia di giocare e con chi non hanno voglia? Queste dovrebbero essere alcune delle domande che dovrebbe porsi chi vuole vivere consapevolmente e in buoni rapporti con gli altri.

Forse l’uomo di oggi ha perduto il senso del gioco e non sa nemmeno di aver bisogno di giocare. Forse l’uomo di oggi è triste e annoiato perché ha rinunciato a giocare, e ha rinunciato a giocare forse perché i giochi del passato non sono più adatti alle situazioni attuali.

Per uscire dalla crisi esistenziale e dal nichilismo, dobbiamo allora inventare insieme e praticare nuovi giochi sociali, tali da soddisfare i nostri bisogni nella realtà (scientifica, tecnologica, economica e socioculturale) attuale.

Conviene dunque, ogni tanto, fare un “metagioco”; cioè cercare di capire a quali giochi stiamo giocando, con chi e con quali regole, ed eventualmente negoziare con gli altri nuovi giochi o modifiche ai giochi conosciuti.