Interdipendenza, cooperazione, competizione, violenza, autorità

Come ho già detto altrove (e non si ricorderà mai abbastanza), gli esseri umani sono interdipendenti, ovvero non possono sopravvivere né soddisfare i loro bisogni e desideri senza la collaborazione (volente o nolente) di altri individui.

Questo fatto ha un’importanza fondamentale non solo nei rapporti economici, ma in tutte le attività umane, e di conseguenza in tutte le scienze umane e sociali. Infatti, come ci ha insegnato George Herbert Mead, la mente umana si forma e si sviluppa come strumento per gestire le relazioni e interazioni sociali al fine di soddisfare i bisogni della persona.

Ciò che più rende difficili e a volte pericolosi i rapporti umani è quello che io chiamo bisogno di prevalenza (della classe dei bisogni di potenza), termine col quale intendo la tendenza a prevalere rispetto agli altri nelle gerarchie, nell’esercizio dell’autorità, nella distribuzione delle risorse, nella scelta dei partner, nella proprietà privata ecc. In altre parole, ogni essere umano, se potesse, vorrebbe imporre agli altri le sue volontà e la sua visione del mondo, ovvero indurli (con la violenza o la persuasione non violenta) a obbedire ai propri ordini, a seguire le proprie indicazioni, ad apprendere i propri insegnamenti, a cooperare in modi a sé favorevoli ecc.

Qualsiasi cooperazione, per essere tale, richiede che almeno una delle parti faccia qualcosa a favore dell’altra. In tal senso ci deve essere un richiedente (cioè uno che chiede all’altro un bene o un servizio) e un fornitore (cioè uno che procura e/o cede all’altro il bene o il servizio richiesto). Ovviamente il ruolo del fornitore è normalmente oneroso, mentre quello del richiedente gratuito. In altre parole, chiedere non costa nulla, mentre fornire ha sempre un costo, tranne nei giochi e nelle interazioni sessuali, in cui rispondere ad una richiesta può comportare un godimento anche per il fornitore.

Ogni transazione cooperativa è dunque asimmetrica in termini di oneri (con le eccezioni suddette) e può essere sostenuta solo se prevede un periodico scambio di ruoli nel senso che il richiedente diventa fornitore e viceversa, come nel caso del pagamento di un servizio reso.

La cooperazione è normalmente soggetta a fattori che possono renderla difficile o impossibile, come i seguenti.

Se ognuno è libero di scegliere il partner della cooperazione, ci si deve aspettare una competizione per la scelta dei partner più interessanti (o più produttivi) e per essere scelti dai partner più desiderabili. Di conseguenza, i meno fortunati devono accontentarsi di partner di scarso valore o, nel caso peggiore, non trovare alcun partner.

I termini della cooperazione possono non essere chiari, per cui le parti intendono diversamente la qualità e la quantità dei beni o servizi da trasferire e i relativi compensi.

I patti potrebbero non essere rispettati da una o da entrambe le parti per qualsiasi motivo, giustificato o ingiustificato.

Una parte potrebbe sopravvalutare le proprie capacità e competenze e sottovalutare quelle del partner.

Ci possono essere valutazioni diverse sul rispetto delle regole della cooperazione (obblighi, divieti, diritti, limiti ecc.)

Il patto può essere annullato unilateralmente se uno dei contraenti preferisce collaborare con un partner diverso, ritenuto più vantaggioso, senza sentirsi obbligato a restare fedele a quello attuale.

E’ infatti molto raro che una relazione cooperativa sia esente da conflitti o difficoltà più o meno gravi, risolvibili o irrisolvibili.

Per evitare o risolvere le suddette criticità (laddove un chiarimento o una conciliazione non siano possibili o non siano sufficienti) e per imporre la collaborazione desiderata, una delle parti può ricorrere alla violenza (minacciata o esercitata) o all’intervento di un’autorità superiore che faccia da arbitro e garante della giustizia.

Nel secondo caso si pone il problema di chi debba impersonare l’autorità garante, ovvero di chi debba occupare i vari gradini delle gerarchie che governano la comunità a cui i contraenti appartengono. A tale riguardo è normale che vi sia una competizione per i gradini più alti.

Siccome ogni essere umano (con poche eccezioni) tende a sopravvalutare i propri diritti e a sottovalutare quelli altrui, a sottovalutare i propri doveri e a sopravvalutare quelli altrui, la competizione per affermare il proprio punto di vista è inevitabile.  D’altra parte, la cooperazione non è sostenibile senza un potere (di una delle parti sull’altra, o di un’autorità terza superiore) che la imponga o la garantisca.

Per quanto sopra, ritengo che le interazioni umane siano basate su un intreccio di cooperazione e competizione, intendendo per competizione l’affermazione di una superiorità gerarchica che può essere accettata o rifiutata dalla parte inferiore o svantaggiata. In caso di rifiuto, si determina una situazione di conflitto più o meno violento che si conclude solo con un capovolgimento delle posizioni o la rassegnazione della parte ribelle.

La cooperazione e la competizione possono aver luogo sia tra individui che tra gruppi (famiglie, partiti politici, organizzazioni, aziende, stati ecc.).

Nell’intreccio tra cooperazione e competizione si possono formare alleanze più o meno durature tra individui e tra gruppi, con l’incombente rischio del tradimento, cioè della sostituzione di un partner o alleato con uno più vantaggioso.

Ironicamente, succede che la cooperazione, l’ordine e la pace sociale, sempre minacciati da una competizione sregolata, sono protetti e garantiti da una competizione regolata, ovvero dalle gerarchie politiche, religiose e culturali della comunità, accettate come tali dai suoi membri. Vale a dire che al di fuori di una comunità (con le sue gerarchie e le sue regole) non è possibile una cooperazione che garantisca la soddisfazione dei bisogni umani.

L’uomo ha dunque un bisogno vitale di appartenere ad una o più comunità. Di conseguenza la comunità (con le sue esigenze e le sue pressioni psichiche) costituisce un agente mentale o dèmone nella mente dell’individuo, in quanto influenza le sue scelte e definisce la sua moralità (consciamente o inconsciamente).

Prossimo capitolo: Relazioni trilaterali, coerenza affettiva, valenza sociale.