Libero arbitrio

Per libero arbitrio intendo la capacità di scegliere volontariamente e consapevolmente cosa fare, senza alcuna costrizione esterna o interna.

Sulla natura e sull’esistenza del libero arbitrio teologi, filosofi, psicologi, neuroscienziati e non specialisti hanno discutono e continuano a discutere da secoli senza arrivare ad un generale consenso. Le posizioni dei diversi autori si collocano tra due estremi: il primo afferma che ogni uomo sano di mente possiede pienamente il libero arbitrio; il secondo afferma che il libero arbitrio è un’illusione in quanto le nostre scelte sono sempre decise da meccanismi e algoritmi inconsci, automatici e involontari che dipendono da predisposizioni genetiche unite a condizionamenti ambientali. In mezzo a questi estremi troviamo posizioni dubitative, agnostiche, possibiliste, ibride ecc.

La tendenza prevalente su questo tema riconosce che le nostre scelte sono determinate in larga parte da fattori genetici e ambientali su cui non si ha alcun controllo. La controversia riguarda dunque la possibilità che l’individuo possa, in una certa misura e in determinate circostanze, superare tali fattori grazie alla propria volontà. Sulla questione esiste una vastissima letteratura che non intendo riassumere nel presente testo in quanto è facilmente reperibile, anche in sintesi, in Internet.

Ho ritenuto di trattare il tema del libero arbitrio in questo libro perché lo considero molto rilevante ai fini della comprensione della natura umana e dei meccanismi psicologici e psicoterapeutici. Infatti, l’approccio alla soluzione dei problemi psicologici e psichiatrici è molto diverso a seconda di come si concepisce il libero arbitrio: coloro che affermano la prevalenza del libero arbitrio sui condizionamenti genetici e ambientali sono convinti che per ottenere certi miglioramenti nella mentalità propria e altrui e nei rapporti sociali occorre soprattutto uno sforzo di volontà nel senso desiderato, mentre chi afferma l’inesistenza del libero arbitrio ritiene che per ottenere quei miglioramenti occorra intervenire soprattutto sull’ambiente sociale in generale e in particolare su quello più vicino all’individuo interessato.

La mia personale posizione sulla questione è che il libero arbitrio sia molto probabilmente (ma non certamente) illusorio, ma che, nonostante la sua probabile inesistenza, convenga considerarlo realmente esercitabile entro limiti molto ristretti. Mi riferisco sia al bene dell’individuo interessato che a quello della società in cui egli vive. Infatti, affermare con certezza l’inesistenza del libero arbitrio significherebbe negare ogni responsabilità morale con tutte le possibili conseguenze negative nelle interazioni umane e nella stabilità della società. A tal proposito, secondo alcuni psicologi, le persone portate a credere meno al libero arbitrio hanno maggiore probabilità di comportarsi immoralmente.

Per quanto riguarda i limiti del libero arbitrio, nella mia concezione esso si riduce alla scelta tra opzioni definite da enti esterni o da meccanismi interni involontari, e nella possibilità di porre un veto a tutte le opzioni considerate. Si tratterebbe, cioè, di non prendere alcuna decisione, cioè di non fare nulla, il che equivale ad una volontaria immobilizzazione e al non dar seguito ad alcuna pulsione.

Al di fuori di questi limiti, a mio avviso il libero arbitrio non esiste in quanto noi scegliamo comunque e necessariamente ciò che più ci piace o che più ci consola o rassicura, ovvero ciò che ci fa star meglio o meno peggio, e questo è determinato dalle circostanze e dalle logiche su cui si basa la nostra attività mentale. Nessuno infatti sceglierebbe ciò che lo fa star male, a meno che quello star male non abbia un’utilità, come, per esempio, l’espiazione di una colpa.

A ciò va aggiunge il fatto che i pensieri, i sentimenti e le motivazioni che concorrono a determinare le nostre scelte sono generati da meccanismi automatici, inconsci e involontari. Come diceva Schopenhauer, “l’uomo può fare ciò che vuole, ma non può volere ciò che vuole”.

Una possibilità per sottrarsi alle scelte obbligate della nostra mente potrebbe consistere nell’affidare al caso la scelta tra le opzioni che la mente ci presenta. Ma in tal caso non si potrebbe più parlare di libero arbitrio in quanto sarebbe il caso a scegliere al posto nostro, e non il nostro io cosciente.

Più in generale, si può affermare che tutto ciò che avviene (comprese le nostre scelte “volontarie” o ritenute tali) avviene per caso o secondo determinate leggi o logiche. Non esiste una terza causa perché qualunque agente o arbitro interno o esterno noi possiamo immaginare, questo sceglierà a sua volta o casualmente o seguendo delle leggi o logiche. E anche la scelta tra due logiche alternative avverrebbe casualmente o seguendo, a sua volta, determinate leggi o logiche.

Tornando alla rilevanza del concetto di libero arbitrio per la ricerca psicologica e la psicoterapia, ritengo utile l’illusione consapevole del libero arbitrio in quanto essa ci motiva a cercare nuove idee e soluzioni per migliorare noi stessi e gli altri, e ci responsabilizza moralmente. D’altra parte, la consapevolezza dei limiti del libero arbitrio ci dovrebbe rendere comprensivi e tolleranti verso coloro che si comportano in modi che non condividiamo. Possiamo infatti ritenere che la capacità di esercitare il libero arbitrio (per quanto limitato) sia diversa da persona a persona e non sia facilmente modificabile se non mediante esercizi terapeutici appositi, come quelli presentati in questo libro.

L’esercizio del libero arbitrio va dunque sempre considerato come un tentativo di autocontrollo che potrebbe fallire o riuscire a seconda delle circostanze e della fortuna.

Nella struttura logica della mente (vedi il capitolo dedicato) il libero arbitrio si colloca nell’io cosciente e costituisce la sua principale funzione in collaborazione con i sottosistemi cognitivo, emotivo e motivo.

Vedi anche il capitolo Autogoverno e autoterapia.

Prossimo capitolo: Conflitti e sinergie tra bisogni – Origine dei disturbi mentali.