Vita, informazione, cibernetica

Gregory Bateson ci ha insegnato che la vita di qualunque essere vivente, dai protozoi all’uomo, si basa  sull’informazione e la sua elaborazione, e definisce l’informazione come “qualunque differenza che fa una differenza”.

In quanto “differenza”, l’informazione è dunque immateriale. Infatti la differenza tra un oggetto A e un oggetto B non sta in nessuno dei due, ma nel confronto “tra” i due. In termini metafisici, se per spirito si intende qualcosa che può agire sulla materia pur non essendo materiale, allora si potrebbe dire che l’informazione sia “spirito”.

Pur essendo immateriale, qualsiasi informazione ha “bisogno” di un supporto materiale (massa e/o energia) per poter essere trasmessa, memorizzata ed elaborata, per cui non può esistere informazione senza una materia (organica o inorganica) o energia che la supporti. In termini metafisici si potrebbe dire che non può esistere spirito al di fuori di qualche materia o energia che lo ospiti o lo trasporti.

Come suggerisce la stessa parola, l’informazione “informa” (cioè forma) la vita, le dà forma, la istruisce, agendo sulla sua materia organica secondo certe “logiche”. E’ questo che fa la differenza tra un oggetto non vivente e uno vivente. Nel seguito chiameremo “organismo” un oggetto vivente composto da organi (e questi a loro volta composti da organi di livello inferiore) governati da leggi biologiche e da logiche algoritmiche.

La funzione essenziale, vitale, dell’informazione per la vita, che i nostri avi non potevano conoscere, è oggi evidente (e indiscutibile) nel codice genetico di ogni specie vivente, il quale è infatti costituito da informazioni scritte su strutture  molecolari (come il DNA e l’RNA). Né possiamo escludere che in futuro si scopra che vi siano “informazioni” vitali anche a livello subatomico.

Un organismo è un “tutto” organizzato composto di parti organizzate, che chiamiamo “organi”. Questi si comportano secondo certe logiche scritte nel codice genetico. Alcuni di questi organi (come ad esempio certe parti del cervello) sono anche capaci di apprendere, ovvero di sviluppare codici di comportamento a seguito di esperienze. Per comportamento di un organo intendo la logica con cui, a fronte di certi input (informazioni, energie e sostanze) provenienti da certi altri organi, oggetti o stati ambientali, esso genera certi output verso certi altri organi o oggetti.

Il comportamento complessivo di un organismo e quello dei suoi organi possono essere casuali se non seguono alcuna logica, oppure “logici” se seguono delle logiche. In natura, i comportamenti degli esseri viventi e dei loro organi sono normalmente quasi totalmente governati da logiche, ma con un certo grado di casualità. Questa serve a garantire la biodiversità, in quanto favorisce la sopravvivenza dei geni.

Per esempio, nella riproduzione sessuata, l’embrione eredita i geni dei genitori per metà dal padre e metà dalla madre, ma la provenienza di ogni gene dall’uno o dall’altro genitore è del tutto casuale, così come il sesso dell’embrione stesso. La casualità del miscuglio dei geni produce embrioni sempre diversi dai genitori, così che alcune combinazioni risultano più adatte all’ambiente, altre meno adatte. Quelle più adatte sono favorite nella selezione naturale aumentando le probabilità di conservazione della specie e facendo evolvere positivamente la specie stessa nel senso di un migliore equipaggiamento biologico.

Seguendo l’insegnamento di Gregory Bateson, qualunque organismo (cioè qualunque oggetto vivente) può essere considerato come un sistema cibernetico, ovvero un insieme organizzato costituito da parti materiali (hardware) e da altre immateriali (software, ovvero informazioni). Ogni sistema cibernetico “vivente” interagisce con oggetti esterni (viventi e non viventi) autogovernandosi secondo certi algoritmi.

Le informazioni che costituiscono il software di un sistema cibernetico (vivente o non vivente) si distinguono in “dati” e “istruzioni”. I dati sono analizzati ed elaborati dal sistema secondo le istruzioni del suo software.

Il software di un sistema vivente è in parte ereditato dai suoi predecessori (come codice genetico) e in parte “appreso” attraverso le esperienze interattive del sistema stesso.

L’idea che ogni essere vivente, e l’uomo in particolare, funzioni come un sistema cibernetico (come ad esempio un comune computer), è ancora oggi inaccettabile per la maggior parte della gente. L’obiezione più comune a tale idea è che noi siamo “molto di più” di un computer e molto diversi da esso, specialmente per il fatto che siamo dotati di coscienza, sentimenti e libero arbitrio, mentre il computer è una macchina senza coscienza né sentimenti, che si limita ad eseguire gli ordini del suo programmatore.

Un’altra obiezione è che il comportamento di un essere umano non è rigido come quello di un computer, ma più o meno aleatorio, non predefinito, proprio come conseguenza del libero arbitrio.

A tali obiezioni rispondo che pur essendoci differenze tra un computer e un essere umano, queste non riguardano i principi generali di un sistema cibernetico, bensì aspetti collaterali, come i seguenti.

  • L’hardware di un computer è generalmente costituito da materiale inorganico, “duro” e fisso, mentre quello di un essere vivente è costituito da materiale organico, “flessibile”, capace di crescere e destinato a decomporsi dopo la morte (e in parte anche prima).
  • Il software di un essere vivente è enormemente più complesso di quello di un computer, e decifrabile solo in minima parte dall’uomo.
  • Il software di un computer viene generalmente modificato solo da un programmatore esterno, mentre un organismo ha la capacità di autoprogrammarsi; tuttavia già oggi si possono costruire computer capaci di modificare autonomamente i loro programmi.
  • Non sembra che un computer possa essere dotato di coscienza e di sentimenti, ma questo è probabilmente vero per molte altre specie viventi. Si può infatti ragionevolmente supporre che la coscienza e i sentimenti siano “emersi” nel corso dell’evoluzione per effetto di mutazioni genetiche, né si può escludere che in un futuro più o meno lontano un computer acquisti una coscienza e dei sentimenti, dal momento che si tratta di fenomeni tuttora misteriosi anche per i neuroscienziati.

Se è ragionevole ammettere che un essere umano abbia qualcosa in più rispetto ad un comune computer, ritengo anche ragionevole affermare che un essere umano funzioni e si comporti come un computer, ovvero come un sistema cibernetico (sia complessivamente, sia a livello dei suoi organi, fino alle cellule).

Non posso dimostrare con argomenti scientifici quanto ho affermato, tuttavia tenterò di farlo concettualmente basandomi sull’idea della “logica del comportamento”.

Il comportamento di un sistema vivente o non vivente può essere, in teoria, completamente casuale, completamente algoritmico, o ibrido (cioè parzialmente algoritmico e parzialmente casuale). La mia opinione è che il comportamento umano sia ibrido, ovvero quasi completamente algoritmico ma con scelte casuali previste dall’algoritmo stesso. Infatti, il programma di un computer può prevedere scelte casuali, come avviene ad esempio nei software che governano le slot machine, oggi completamente digitali.

La parte non casuale del comportamento umano, non essendo casuale, è per definizione soggetta a certi criteri, cioè a certe logiche del tipo: “se avviene X fai Y, altrimenti fai Z”. Le logiche con cui noi scegliamo (consciamente o inconsciamente) sono predefinite, ovvero programmate. Qualcuno potrebbe obiettare che un essere umano può “improvvisare” una nuova logica di comportamento nel momento stesso in cui ha bisogno di fare una scelta. A tale obiezione io rispondo che la nuova logica sarà “disegnata” a caso (e in tal caso rientrerebbe nella componente casuale del comportamento) oppure sarà disegnata secondo un’altra logica predefinita di livello superiore. Infatti l’uomo disegna continuamente logiche, o strategie, per raggiungere i suoi obiettivi, sulla base di logiche predefinite, o principi guida, di livello più alto. In altre parole, una logica può generare logiche di livello subordinato.

Il comportamento complessivo di un essere umano è dunque determinato da una enorme quantità di logiche presenti nei suoi vari organi (non solo all’interno del cervello), ognuna delle quali contribuisce ad orientare la persona in una certa direzione, a volte in conflitto con quanto dettato da altre logiche. Così come in fisica la forza applicata ad un oggetto è la risultante (ovvero la combinazione) di tutte le forze ad esso applicate in tutte le possibili direzioni, così le scelte di una persona sono l’effetto della combinazione di tutte le logiche (consce e inconsce) che intervengono in ogni momento.

Prossimo capitolo: Mente, ecologia, società.