Relazioni trilaterali, coerenza affettiva, valenza sociale

Le relazioni affettive bilaterali tra due individui sono in realtà quasi sempre trilaterali anzi, multi-trilaterali nel senso che coinvolgono una serie di entità terze (persone, cose, media, azioni, idee ecc.) con cui entrambi gli individui hanno entrambi una relazione affettiva.

Secondo la Teoria dell’equilibrio di Fritz Heider (comunemente e impropriamente tradotta come Teoria dell’equilibrio cognitivo — in tedesco Balancetheorie), nella relazione tra due individui, la condivisione di sentimenti (simpatia o antipatia,  attrazione o repulsione ecc.) verso una stessa entità terza, contribuisce a determinare tra loro un legame affettivo positivo. In tal caso la relazione trilaterale viene detta equilibrata. Al contrario, una discordanza affettiva verso una stessa entità terza (per esempio, apprezzamento di una terza persona da parte del primo e disprezzo per la stessa da parte del secondo) contribuisce a determinare antipatia o ostilità tra i due individui. In tal caso la relazione viene detta squilibrata.

Secondo la teoria di Heider, una relazione trilaterale squilibrata determina uno stato di stress mentale nelle persone coinvolte e la conseguente attivazione di dinamiche (consce o inconsce) che tendono al riequilibrio della relazione.

Le figure che seguono illustrano la suddetta teoria.

 

Prendiamo, per esempio, il caso della relazione affettiva tra due individui A e B, e i loro atteggiamenti verso una terza entità X laddove:

  • A e B si apprezzano
  • A apprezza X
  • B disprezza X

In tal caso il triangolo affettivo è squilibrato a causa del diverso atteggiamento affettivo verso X. Per riequilibrarlo sono possibili tre alternative:

  • A smette di apprezzare X e comincia a disprezzarlo
  • B smette di disprezzare X e comincia ad apprezzarlo
  • A e B smettono di apprezzarsi e cominciano a disprezzarsi

Le tre soluzioni sono rappresentate nella figura seguente.

La logica conscia o inconscia che sottende questa teoria si potrebbe riassumere nelle seguenti frasi:

Mi piacciono le persone a cui piacciono cose o persone che mi piacciono, e a cui non piacciono cose o persone che non mi piacciono.

Non mi piacciono le persone a cui piacciono cose o persone che non mi piacciono, e a cui non piacciono cose o persone che mi piacciono.

Quanto detto sopra non si applica in caso di competizione tra A e B per ottenere il favore di X. In tal caso si avrà un segno meno tra A e B, e un segno più tra A e X e tra B e X, e il triangolo difficilmente troverà un equilibrio.

La teoria di Heider ha implicazioni importanti che, a mio parere, non sono state prese abbastanza in considerazione dalle varie scuole di psicologia e psicoterapia. Essa, infatti, ci rivela la generale trilateralità delle interazioni umane, nel senso che i rapporti tra due individui sono quasi sempre mediati da entità terze conosciute e connotate affettivamente da entrambe le parti, come le seguenti:

  • linguaggio (sintassi e semantica) usato per comunicare
  • conoscenze (bagaglio scientifico e letterario appreso)
  • principi morali
  • principi estetici
  • mode
  • consuetudini e regole di interazione
  • obiettivi politici
  • obiettivi economici
  • autorità
  • ecc.

Rispetto a tali entità terze, due individui possono avere sentimenti, cognizioni e interessi più o meno convergenti o divergenti. In altre parole, su ciascuna entità ci può essere un certo grado di accordo o disaccordo.

Interazioni immediate vs. mediate

A mio parere, i rapporti immediati tra due persone, cioè non mediati da entità terze come quelle sopra elencate, sono molto rari e spesso violenti, in quanto non limitati né protetti da regole accettate da ambo le parti. Anche nel caso in cui due persone negozino liberamente le regole della loro interazione e collaborazione senza far riferimento ad entità terze, le regole negoziate diventano le entità terze che le persone si impegnano a rispettare. Infatti le entità terze regolatrici in un rapporto tra due persone possono essere date a priori (in quanto fattori culturali) o possono essere negoziate dagli interessati.

Ruolo delle comunità nelle interazioni umane

L’appartenenza di una persona A ad una comunità X implica una quantità di triangoli dove A e X sono due angoli, e il terzo è costituito da qualsiasi altra persona B. Anche in questo caso, il triangolo può essere più o meno equilibrato in senso affettivo. In tal caso X rappresenta la comunità intesa come l’insieme dei suoi membri che si suppone condividano le stesse forme, norme e gli stessi valori caratteristici della comunità stessa. X corrisponde in questo caso all’Altro generalizzato teorizzato da George Herbert Mead.

Se due persone A e B hanno sentimenti, nozioni e interessi affini (positivi o negativi) rispetto alla comunità X, il triangolo affettivo è equilibrato, e tra A e B c’è una relazione affettiva positiva, per esempio un senso di fraternità, amicizia o affinità. In caso contrario, cioè se le due persone hanno sentimenti opposti rispetto ad una stessa comunità, la loro relazione tende ad essere di ostilità. Questo vale specialmente per comunità a cui solo uno dei due appartiene.

Valenza sociale

Per valenza sociale intendo il valore soggettivo che un individuo attribuisce consciamente o inconsciamente a qualsiasi entità (persona, oggetto, medium, idea, attività ecc.), in quanto suscettibile di fargli ottenere approvazione o disapprovazione (ovvero accettazione o esclusione) da parte della comunità di appartenenza.

Prendiamo ad esempio una persona A che deve decidere se acquistare o no un certo capo di abbigliamento X. In questo caso dobbiamo considerare una relazione trilaterale AXB, dove B rappresenta la comunità di appartenenza, la quale ha un certo sentimento o un certo giudizio verso X. Se B approva l’acquisto di X, allora questo assume una valenza sociale positiva. Viceversa, se B disapprova l’acquisto di X, allora questo assume una valenza sociale negativa. La valenza sociale attribuita a X influenza la scelta di A circa l’acquisto di X. Se l’attrazione che X esercita su A rimane molto forte malgrado la disapprovazione da parte di B, per equilibrare la relazione può succedere che A cominci a detestare la sua comunità di appartenenza e a meditare il passaggio ad una diversa comunità favorevole ad X.

Qualunque entità un individuo possa immaginare ha per lui una valenza sociale più o meno positiva o negativa in quanto possibile oggetto di un giudizio da parte della sua comunità di appartenenza. Possiamo pertanto ipotizzare che la mappa cognitivo-emotivo-motiva (vedi il capitolo Mappa cognitivo-emotivo-motiva) includa anche le valenze sociali di tutte le entità che il soggetto conosce e può riconoscere.

A tal proposito suppongo che qualsiasi attività o espressione umana abbia una valenza sociale per chi la compie e per chi la osserva, e che quando due persone attribuiscono la stessa valenza sociale ad una certa entità, questa costituisce un fattore di coesione sociale. Pertanto ritengo che ogni comunità sia caratterizzata dalle valenze sociali condivise dai suoi membri.

In altre parole, il piacere conferito da un oggetto può essere dovuto non tanto alle sue caratteristiche peculiari, ma alla sua valenza sociale, cioè al fatto che il soggetto si sente parte di una comunità che apprezza quel tipo di oggetto. E’ infatti difficile distinguere il piacere emanato da un oggetto dal piacere di condividere con altre persone l’apprezzamento dell’oggetto stesso.

Per lo stesso principio può avvenire che una cosa che ha caratteristiche intrinsecamente positive non venga apprezzata a causa di una sua disvalenza sociale, cioè a causa del fatto che essa non è apprezzata dalla comunità a cui il soggetto appartiene.

Una prospettiva trilaterale delle relazioni e interazioni umane è necessaria e importante, in quanto una visione bilaterale non riesce a spiegare le logiche dei comportamenti e dei disagi umani. Infatti, da una parte tutto ciò che facciamo deve essere approvato dalla comunità di appartenenza (pena la nostra esclusione da essa) o da altre persone significative (pena il loro allontanamento da noi). Dall’altra, qualsiasi interazione tra due persone deve far riferimento ad entità terze regolatrici caratteristiche della comunità a cui entrambe le persone appartengono, se si vogliono evitare violenze e incomprensioni.

Metarelazioni

Consideriamo un triangolo affettivo costituito da:

  • la mia persona
  • X
  • Y

dove X e Y sono qualsiasi altre entità (persone, cose, media, azioni, idee ecc.).

Dividiamo concettualmente “la mia persona” in “il mio io cosciente” (I) e “il mio sé” (S), intendendo per “sé” tutto l’individuo esclusa la sua parte cosciente. Se ora tracciamo tutte le possibili relazioni tra le quattro entità risultanti, otteniamo quattro triangoli (SIX, SXY, IXY, ISX) come illustrato nella figura seguente.

Possiamo ora applicare la teoria dell’equilibrio ai quattro triangoli separatamente. Dal punto di vista del soggetto (“la mia persona”) il triangolo SXY è inconscio, mentre gli altri tre sono consci, cioè possono essere esaminati dal suo io cosciente, il quale può (se ha sufficienti strumenti cognitivi per farlo) rilevare eventuali squilibri affettivi e prendere decisioni atte a risolverli.

Col termine metarelazione intendo una relazione in cui l’io cosciente è cosciente di se stesso (in quanto separato dal proprio sé) e di tutte le relazioni in gioco (i quattro triangoli della figura). Questo gli consente di valutare la coerenza affettiva di ciascun triangolo e di decidere azioni atte a risolvere eventuali squilibri.

Particolarmente interessante è la relazione tra l’io cosciente (I) e il suo sé (S). Tra queste due entità ci può essere un rapporto affettivo più o meno positivo o negativo, che può dar luogo a collaborazione o antagonismo. Per esempio, l’io cosciente può ritenere inadeguato il comportamento abituale del suo sé e decidere di iniziare una psicoterapia per modificarlo. A sua volta il sé può opporsi al controllo da parte dell’io cosciente ricorrendo a distrazioni, eccessivi carichi di lavoro o a consumo di alcol o di altre droghe.

Schema generale delle relazioni umane

La figura seguente rappresenta un insieme di relazioni trilaterali con tre elementi fissi (io, me, altri) e due elementi variabili (x, y) che possono rappresentare persone o cose qualsiasi. Per “io” s’intende l’io cosciente dell’osservatore, per “me” il resto della sua persona. Al centro sono rappresentati concetti che possono interessare o riguardare tutti gli elementi in relazione. Si tratta di tutte le grandezze che costituiscono l’universo (il macrocosmo) e la persona (il microcosmo). Per “logica” s’intende qualsiasi algoritmo, fisso o variabile. Le linee che collegano i cerchi rappresentano le relazioni e interazioni tra gli elementi corrispondenti. Ogni interazione implica usare e/o servire l’un l’altro. Le voci “usare” e “servire” rappresentano il fatto che, nell’ambito di ogni interazione, ogni parte usi o serva la controparte, in modo variabile nel tempo, in quanto ogni transazione consiste in una domanda (ovvero richiesta o comando) o una risposta (ovvero cessione di quanto richiesto). Per quanto riguarda l’autoinganno presente nella relazione tra inconscio e io cosciente, si veda il capitolo Autoinganno.

Questa figura può essere usata per riflettere sulle relazioni trilaterali che coinvolgono qualsiasi persona o cosa, incluso l’osservatore.

Questa figura costituisce anche una sintesi grafica della Psicologia dei bisogni, in quanto contiene la maggior parte dei suoi elementi fondanti.

Sintesi della sintesi

La figura seguente costituisce una sintesi della sintesi della Psicologia dei bisogni, ridotta a quattro entità fondamentali: (1) la mia coscienza (cioè il mio io cosciente),  (2) il mio corpo (che include tutti i meccanismi inconsci, ovvero hardware e software della persona), (3) la mia società (cioè la mia comunità di appartenenza) e (4) la natura. Sotto la figura sono menzionati i concetti più rilevanti per la vita umana.

Un triangolo che riguarda me e questo libro

La seguente figura rappresenta le relazioni trilaterali tra la mia persona, gli altri e questo libro.

Osservando questa figura mi vengono in mente domande come le seguenti.

  • Che opinione avranno gli altri di questo libro?
  • In che modo l’opinione che gli altri avranno di questo libro influenzerà la loro opinione sulla mia persona?
  • Questo libro aumenterà o diminuirà la mia popolarità ovvero la mia accettazione da parte degli altri, la loro stima, simpatia e affetto nei miei confronti?
  • Ho fatto bene o male a scrivere questo libro? Quale ricompensa sociale ne otterrò?
  • A chi darà fastidio questo libro?
  • Questo libro mi aiuterà a migliorare le mie interazioni con gli altri?
  • Questo libro causerà un aumento o una diminuzione della mia simpatia per gli altri?
  • Questo libro mi renderà più socievole?
  • Che penseranno gli altri di me leggendo questo libro? Penseranno che sono un arrogante? Un presuntuoso? Un illuso? Un fallito? Un ignorante? Oppure un genio? Un saggio? Uno molto istruito? Oppure il fatto che io abbia scritto questo libro sia insignificante?
  • Chi leggerà questo libro? Chi lo apprezzerà? Chi lo disprezzerà? Chi lo criticherà? Chi lo troverà inutile? Chi lo ignorerà?

Non ho una risposta a queste domande, ma ritengo molto utile il fatto di averle pensate e verbalizzate. Se restassero inconsce potrebbero dar luogo a risposte irrazionali e lontane dalla realtà, risposte che comunque mi condizionerebbero inconsapevolmente. Per esempio, potrebbero diminuire la mia motivazione a completare, a migliorare e a far conoscere questo libro.

Sinossi della Psicologia dei bisogni

Ho scelto la figura seguente come sinossi della Psicologia dei bisogni, cioè come figura vademecum da osservare ogni tanto per ricordare alcune idee fondamentali per capire e per affrontare i problemi relativi alle relazioni e alle interazioni con gli altri.

Si tratta di una versione semplificata della “sintesi della sintesi” di cui sopra. Nella figura sono rappresentati il sottoscritto (sostituibile con il lettore) in relazione con una persona generica di sesso femminile ed una di sesso maschile (le quali sono anche in relazione tra loro). Ciascuna delle tre persone è rappresentata con i suoi bisogni e i suoi sentimenti (derivati dai bisogni stessi). Al centro, alcune icone simboleggiano l’imitazione, la cooperazione, la competizione e la selezione sociale. Gli elementi testuali della figura includono i modelli di comportamento, una serie domande fondamentali (cosa fare? cosa non fare? cosa ripetere? cosa cambiare? con chi giocare, a quali giochi e in quali ruoli?), una serie di possibili risposte alle domande stesse e alcuni concetti psicologici fondamentali.

Segue una variante più astratta, più semplice e più generica della stessa figura.

In questa figura il “me” rappresenta un individuo qualsiasi, e specialmente lo stesso osservatore (“me stesso”), inteso come soggetto e oggetto di interazioni con gli “altri” e con il resto del mondo; la lettera “X” rappresenta qualsiasi entità (cosa persona, idea ecc.) oggetto e/o soggetto di interessi e di interazioni e nei confronti del “me” e/o degli “altri”.

Questa figura serve a ricordarci “olisticamente” varie cose, come le seguenti:

  • ogni essere umano è in simbiosi con “gli altri” e con il resto del mondo (X);
  • l’atteggiamento degli altri verso il “me” dipende dall’atteggiamento del “me” verso gli altri;
  • ci sono infinite entità “X”  con le quali sia il “me” che gli “altri” sono in relazione
  • il “me” e gli altri possono condividere pacificamente “X” oppure competere per possederlo esclusivamente;
  • tutte le relazioni evidenziate nella figura sono modi e strategie per soddisfare i bisogni di tutte le entità in gioco
  • ogni relazione ha una colorazione affettiva positiva (attrazione), negativa (repulsione) o mista (attrazione e repulsione simultanee o alternate).

Segue una variante della figura precedente, in cui si mostrano ulteriori triangolazioni con X, Y e Z, che rappresentano entità qualsiasi.

 

Segue una variante semplificata in cui sono messe in evidenza le interazioni tra l’individuo e “gli altri”. I segni più e meno rappresentano le affettività (attrazione / repulsione) tra le entità rappresentate.

Segue un’ulteriore variante in cui si mostra la composizione del “Tutto” dal punto di vista di un essere umano, e le relazioni tra le varie parti. E’ importante notare che l’io comunica con il resto del mondo solo attraverso il me, con tutti i limiti e i problemi di trasformazione e di distorsione della realtà che ciò comporta.

 

Considerazioni conclusive

La teoria dell’equilibrio affettivo e il concetto di trilateralità delle relazioni possono essere utili per comprendere le dinamiche sociali in cui si è coinvolti e prendere le decisioni più efficaci per risolvere eventuali squilibri affettivi. Questi, infatti, a lungo andare possono essere causa di stress e di disturbi mentali.

Possiamo infatti supporre che i bisogni di comunità includano il bisogno di risolvere gli squilibri affettivi nelle relazioni trilaterali, ovvero il bisogno di mantenere una coerenza tra affetti multipli.

Prossimo capitolo: Apprendimento, imitazione, empatia, conformismo.